Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/337

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il nome 327


Si stava per discutere a Roma una causa civile molto grave patrocinata da un suo collega al quale occorreva tutto un dossier di carte importantissime le quali si trovavano ancora per errore nelle sue mani.

Persona di fiducia doveva essergli inviata col prezioso deposito e con parecchie spiegazioni e delucidazioni verbali troppo delicate per essere confidate ad una lettera o al primo venuto. Egli aveva pensato a me come al messaggero più adatto, perchè giovane, intelligente, fidatissimo.

Naturalmente accettai promettendo di partire il mattino seguente e mentre uscivo dallo studio di corsa perchè era tardi e dovevo ancora occuparmi di parecchie disposizioni, m’incontrai faccia a faccia con Mario Scotti, l’esploratore, del quale ero amicissimo e che mi veniva a prendere quasi ogni sera per una passeggiata in automobile prima di pranzo.

Mario Scotti era piccolo e brutto, ricchissimo e intelligentissimo. Tornato tre mesi innanzi da un lungo viaggio d’esplorazione al Congo, dove aveva scoperto le sorgenti di non so più che misterioso fiume, aveva pubblicato una relazione interessantissima in un libro sapiente e al tempo stesso piacevole a leggersi come un romanzo di Giulio Verne, il quale gli aveva valso il premio della Società Geografica e l’ammirazione e le lodi di tutta la stampa italiana.