Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/78

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68 l’immagine e il ricordo

cora sazio, eppure era necessario staccarci e andare per opposte vie e vivere lontani col nostro ricordo vivo e lacerante, per sempre.

La supplicai che mi permettesse di scriverle e di farle giungere le mie lettere per mezzo della sua amica; ella mi rispose con un diniego dolce ma fermo al quale fui costretto a cedere. Allora le chiesi un suo ritratto, almeno un suo piccolo ritratto che mi seguisse dovunque nella mia esistenza di vagabondo del mare, e ch’io potessi contemplare e baciare quando la memoria di quell’amore e il rimpianto di averlo troppo presto perduto mi torturassero più amaramente.

Ella vi riflettè a lungo come se il dono ch’io le chiedevo le costasse uno sforzo immenso, poi dinanzi ai miei sguardi imploranti ed alla tristezza accorata delle mie parole non seppe resistere e mi promise di accondiscendere.

Il domani, poche ore innanzi la partenza, mi recai a salutare la consolessa e a dare l’ultimo addio alla mia piccola amica. I suoi meravigliosi occhi dove sembrava essersi fusa la malinconia di due razze, erano quel mattino così dolenti, così carichi di disperato rammarico che non li potevo guardare senza sentirmi tremare il cuore. Al momento del distacco ella trasse dal seno una sottile cornicetta d’oro adorna di un nodo d’amore e me la porse con queste parole: