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80 la matrigna

parola e sempre dopo una lunga preparazione mentale chiamandola timidamente: signora.

Ella rideva guardando suo marito e parlava al figliastro da vicino, con gli occhi negli occhi, facendogli sentire il profumo del suo alito e quello della sua cipria che lo stordivano.

Egli giunse a villa Ponti stanco come se avesse compiuto un viaggio di tre giorni, e quando finalmente si coricò nella sua stanzetta di bambino e chiuse le palpebre nel buio, continuò a vedere quell’abito bianco e quella rosa nera, quegli occhi indefinibili e quella bocca tentante. Si sentiva tanto felice e insieme tanto infelice come non credeva fosse possibile al mondo, felice di poterla guardare e udire ancora il domani e il doman l’altro e sempre, infelice di sapere ch’ella era la moglie di suo padre, la matrigna, quella che aveva usurpato il posto di sua madre, una donna che egli non poteva, e non doveva amare.

Il domani ella vestiva una molle tunica di seta molto scollata, dalle lunghe e larghe maniche spaccate fino alla spalla, coi lembi trattenuti da cordoncini d’oro che lasciavano travedere le sue braccia ed appariva così più femminile, emanava un senso d’intimità più carezzevole ma insieme più inquietante. Stavano in una piccola veranda aperta sul