Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/107

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la fiaccola dell’illusione

tava poi d’un tratto fra le braccia, ammansate, in una rabbiosa docilità.

La signora Mari con la sua compiuta bellezza di donna quarantenne, con la sua severa eleganza da presidentessa di varie opere pie non gli piaceva in particolar modo, ma lo tentava per quella sua intatta fama di rigida onestà, per quell’aureola di incontaminata purezza che circondava austeramente il suo profilo ancora leggiadro, sebbene un po’ freddo di nobile dama.

Quantunque avesse sposato due borghesi, prima un celebre chirurgo, poi un ricco industriale, ella discendeva da una aristocratica famiglia, intransigentissima in fatto di morale, dove ogni marito poteva per tradizione vantare la perfetta fedeltà della propria moglie. Ed ella stessa, rimasta vedova ancora giovane dopo quindici anni di convivenza con un personaggio maturo ed importante che l’aveva enormemente tediata, era quasi subito passata a seconde nozze col signor Mari, un uomo della sua età, ma irrequieto e distratto dagli affari, il quale aveva stretto quel matrimonio come avrebbe concluso un qualsiasi contratto, per mettersi in relazione con alcuni nobili e danarosi capitalisti che interessavano la sua industria.

Ciò non ostante il timore di perdere o di offuscare nei giudizi del mondo la propria fama di donna bella, eppure esemplare nella sua

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