Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/108

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amalia guglielminetti

condotta di moglie, era nella signora Angelica così vivo che i numerosi corteggiamenti più o meno arditi, più o meno pericolosi, ai quali l’avevano esposta fino allora le sue particolari seduzioni e la poca felicità coniugale, erano rimasti sempre allo stato di inutili tentativi da parte altrui e di inutili tentazioni da parte sua.

Ella sentiva però che l’agguato teso da Gigi Demarinis alla sua incorrotta virtù era questa volta più serio e che una maggior forza di resistenza e un più vigile dominio su sè stessa le sarebbero occorsi per resistervi fino a stancare la pazienza e a ferire definitivamente l’amor proprio del giovine.

Questi apparteneva a quella schiera fortunatamente esigua di uomini dinanzi a cui tutte o quasi tutte le donne si sentono turbate come per una minaccia oscura e pure allettatrice che loro sovrasti. Sul suo viso pallido e un po’ largo s’accendeva una bocca avida d’una freschezza d’adolescenza che non rideva mai, ma sorrideva spesso aprendosi sopra una dentatura luminosa, mentre gli occhi grigi, nell’ombra delle ciglie nere, balenavano d’un lampo freddo il quale diveniva magnetico, inquietante, quasi intollerabile, se si fissava in uno sguardo femminile per indagare o per sconcertare.

Pareva l’uomo destinato alle poche e grandi passioni e non era mai stato che l’uomo delle

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