Vai al contenuto

Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/129

Da Wikisource.



la donna vertiginosa

nere inghiottito da un vasto silenzio e da un orizzonte senza confini, egli appoggiato alla ringhiera presso il ponte di comando, trasse un sospiro di infinito sollievo.

Tornava finalmente al suo paese dopo quegli anni di affannosa operosità durante i quali la sua dolce pigrizia, la sua sognatrice indolenza d’uomo abituato all’ozio, erano state travolte da quel turbine d’azione e di movimento al quale era impossibile sottrarsi.

Anch’egli sulle tracce di William Shepherd che se l’era portato seco quattro anni prima dall’Italia, aveva dovuto buttarsi ad occhi chiusi e a pugni serrati in quella corsa alla ricchezza, continua febbrile sfrenata, che occorreva seguire per non rimanere a terra calpestato dagli altri.

Aveva riacquistato, moltiplicato la sua fortuna e tornava in Italia per incarico di William Shepherd, ma quanto più s’allontanava dalla città fremebonda e ruggente, accovacciata laggiù come un’enorme belva al guinzaglio, ritrovava a grado a grado in sè l’antica anima di sognatore un po’ ozioso e un po’ vizioso che gli pareva d’aver smarrito per via, quando aveva compiuto in senso opposto quel viaggio.

Sentiva risorgere in sè reminiscenze confuse, sensazioni attenuate, parole sommesse. E su tutto emergere un solo profilo ben definito, uno sfol-

- 127