Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/144

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amalia guglielminetti


Fausta evitava lo sguardo di suo marito e seguiva l’errare di quei puntini di fiamma pallida tra il velo grigiastro della sera che scendeva.

— Vuoi che ce ne andiamo via di qui? Vuoi che facciamo un bel viaggio? — le chiese Massimiliano scuotendole ad ogni domanda le mani come per vincere quel suo torpore.

Ella alzò lentamente le spalle, mormorò con un sorriso forzato:

— Ma no, caro; perchè muoverci, perchè stancarci a correre in ferrovia e a girare per gli alberghi ora che incomincia l’estate? Qui si sta benissimo.

Il ricordo del viaggio di nozze e degli alterchi continui di suo marito col personale degli alberghi e con quello dei treni ai quali egli pretendeva d’esprimere senza riguardi la propria disapprovazione pel cattivo servizio, le stava ancora fisso nel ricordo e la faceva rabbrividire. No, no; piuttosto il tedio monotono della Villa dei Salici, dove almeno le spiacevoli verità si rivolgevano a persone ormai avvezze all’acerba franchezza di suo marito, le quali le accoglievano in un rispettoso e rassegnato silenzio, rifacendosi dopo dell’umiliazione subita con la più falsa ed insolente noncuranza.

Oramai i pochi amici che salivano ancora a quella casa sopportavano bonariamente la mania in fondo innocente di Massimiliano Delisi, e lo

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