Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/166

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amalia guglielminetti

lieta di poter completare la mia manchevole istruzione curando la mia compromessa salute.

Sua madre ritirò il collo fra le trine della camicetta e ammise con una fredda rassegnazione:

— Quand’è così, non mi rimane altro a fare che mettermi in cerca d’una casetta rustica con l’orticello ed il pozzo, sul coccuzzolo d’una montagna e andarci a seppellire per tre mesi lassù.

— Seppellirci? — ripetè Luciana con una esagerata meraviglia. — Seppellirmi, vuoi dire. Non è necessario che anche tu intraprenda la cura della vita primitiva dal momento che stai benissimo e ti sei ordinata sette toilettes e otto cappelli nuovi per la prossima estate. Andrò io sola con la mia cameriera che adora la campagna e non fa che sospirare i suoi prati e le sue vigne. Tu puoi recarti a Salsomaggiore e a Rimini e ad Aix con qualche tua amica.

— Ci penseremo, — riflettè ad alta voce la signora dopo un lungo soliloquio mentale che oscurò di un’ombra tediata, sotto le onde sapienti dei lucidi capelli, la sua faccia grassa ed incipriata di bella donna in lotta con la maturità. — Intanto bisognerà cercare un villino in montagna, comodo, signorile, col garage e il giardino, non troppo lontano per potere andare e tornare con una certa facilità. Chiederò consiglio a tuo padre, e poichè si tratta della tua salute, me ne occuperò io stessa.

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