Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/172

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amalia guglielminetti


— Questa è la tua fissazione, mamma. Splende un magnifico sole ed io mi sento lieta come una rondine a maggio.

— Ma che hai fatto per ingannare il tempo durante queste ore?

— Molte cose divertentissime. Ho letto cinque pagine di questo romanzo, ho contemplato il paesaggio, ho pensato, ho sognato.

— Senti, cara, — annunziò con una subitanea animazione della voce e dello sguardo la signora Magda. — Qualcuno in città mi ha incaricata di portarti i suoi più affettuosi saluti e l’augurio fervido di una prontissima guarigione.

— Grazie. Ma di chi si tratta? — domandò Luciana mollemente, dimostrando una scarsa curiosità.

— Di un giovane molto simpatico che porta un bellissimo nome e che ti fa la corte.

— Santandrei?

— Precisamente.

— Ah!

Luciana lasciò cadere dall’alto questa esclamazione con un lieve disdegno che sua madre stimò opportuno non raccogliere. Poichè il marchese Alfio Ubaldo Santandrei era tra i frequentatori maschili del suo salotto colui ch’ella prediligeva, quello che i suoi desideri e le sue speranze destinavano come marito a sua figlia, benchè all’infuori del sonoro titolo nobiliare e

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