Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/176

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amalia guglielminetti

sopra una grossa radice che usciva dal terreno coperto di muschio, o sopra un tronco rovesciato.

Sentiva rigermogliare in sè quasi una nuova vita dopo il lungo abbattimento del male, la sentiva pulsare più forte nel battito regolare e calmo delle vene, balzare nella leggerezza delle membra sempre pronte allo slancio della corsa, balenare nella lucida serenità del suo spirito. E riprendeva quel vagabondaggio sognante, senza meta e senza desideri, immergendosi con una inconsapevole voluttà nella ristoratrice freschezza della natura possente, la quale arricchiva il suo sangue impoverito, e le ridonava a grado a grado la fervida gagliardia della vitalità giovanile, consunta dalle piccole cure ansiose del mondo.

Le amiche le scrivevano, parlandole di abiti e di feste, di fidanzamenti e di villeggiature, ed ella non rispondeva nemmeno.

Sua madre giungeva di quando in quando dalla città con una nuova veste d’ultimo modello, o con un cappello vistoso: ed ella vi gettava appena uno sguardo, chiedendole, con qualche ironia, se volesse affascinare mediante quelle eleganze il sindaco del paese, che era un mercante di suini, o sedurre il farmacista, settantenne e quasi cieco.

La signora Vannelli si compiaceva difatti nello sfoggiare un lusso eccessivo, adornando

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