Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/191

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come guarì luciana vannelli

lo molestavano. Egli era composto di una sostanza umana assai diversa da quella che componeva i Santandrei: se costoro nella loro scarsa sensibilità logorata dai secoli potevano tranquillamente sottomettersi con indifferente apatia al sarcasmo elegante di una bella fanciulla, pur di goderne innocui e sereni la confidente amicizia, egli, sotto quelle sottili punture di scherno sentiva balzare in sè qualche cosa di vivo e d’indomabile che lo spingeva ad afferraria per i polsi ed a pregarla con voce roca di lasciarlo in pace se non desiderava di provocare una lotta nella quale egli l’avrebbe facilmente vinta e soggiogata.

Luciana scherzò con questo pericolo per alcune ore, aggirandosi con lui pel vasto giardino, sedendo al suo fianco sotto le pergole che cingevano la casa come verdi cinture, continuando a ridere, a narrare storielle spiritose e a dirgli graziose impertinenze con la sua vocetta squillante la quale talora s’ammorbidiva e tremava perplessa sotto una sguardo più avvampante del giovine.

Quand’egli rientrò in sala da pranzo per riprendere il fucile ed il cappello, la fanciulla lo seguì e andò a contemplarsi con civetteria nel grande specchio verdognolo che sovrastava il camino.

— Guardi come sono arruffata, — diceva sorridendo e sollevandosi alle tempia alcune

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