Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/238

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amalia guglielminetti

se ne crede ancora il legittimo padrone. Ha trovato per un attimo semi aperto il cancello ed è entrato. Elda arrossì, scosse il capo perplessa senza comprendere, e nel suo timido e pur lieto impaccio appariva così gentile, così graziosa nella sua veste di lana bianca orlata di cigno al collo ed ai polsi, che il giovane osò insistere:

— Mi permetta di presentarmi, signorina. Mi chiamo Jacopo Reaziani e vengo quasi ogni giorno a passeggiare dinanzi a questa villa che anch’io come Happy ho abitato parecchi anni.

— Il signor Reaziani? L’antico padrone dell’Abbazia? — potè dire finalmente Elda e gli sorrise attraverso le sbarre della cancellata chiusa, fra le quali il piccolo fox insinuava ora con qualche fatica il suo agile corpo predace per raggiungere il suo padrone.

Questi lo rimproverò scherzosamente per le sue ineducate scorribande, quindi s’accomiatò, con un ossequioso saluto, dalla giovinetta e s’allontanò verso il mare sotto il grigiore argenteo degli ulivi, mentre Elda lo seguiva con lo sguardo intento, gualcendo fra le dita gli steli delle sue violette novelle.

Pochi giorni dopo Jacopo Reaziani ricevette un biglietto dalla baronessa Almichi, la quale lo invitava a prendere una tazza di tè alla sua antica villa e poneva a disposizione del suo piccolo amico il parco dell’Abbazia.

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