Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/244

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amalia guglielminetti

cante. E venne il giorno in cui Jacopo Reaziani chiese alla baronessa Almichi la mano di sua figlia Elda. Era la settimana pasquale ed al giovane, alquanto mistico di tendenze e religioso di educazione, parve di buon augurio il fidanzarsi in quel tempo di resurrezione, simile al risorgere della sua vita da un lungo letargo di tristezza e di solitudine per balzare incontro ad una nuova ed intima gioia.

Lo disse ad Elda con una voce rôca di commozione, baciandola sulla fronte sotto l’ombra dei capelli neri e sentì il cuore dolere, quasi afferrato da una mano morbida e tenace quando ella gli si abbandonò pallida incontro al petto e chiuse gli occhi colta da una breve vertigine. Ma subito ella si sollevò con un sorriso luminoso nel volto, chiedendogli perdono di quel momento di debolezza come aveva fatto con la madre il giorno del suo arrivo.

Ora la madre la guardava in silenzio, con un ansare frequente del petto, ritta presso la finestra e un poco in disparte, come se temesse di turbare con la sua vicinanza la purezza ardente di quell’abbraccio. E quando a tarda sera ella disciolse, come ogni giorno, le trecce della figiuola, non fu sorpresa di udirla confessare:

— Se Jacopo non avesse voluto sposarmi sarei ritornata nel mio collegio e vi avrei preso il velo.

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