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l'ombra che scende |
— Che ha fatto delle sue giornate durante questa lunga settimana? — chiese al giovane con una sollecitudine da materna amica.
— Non ho atteso che il momento di ritornare, — egli rispose, dissimulando con la leggerezza dell’accento il fervore delle parole.
— Ma perchè attendere otto giorni? No le fu possibile tornare prima? — domandò a sua volta Elda, porgendogli con le piccole mani un po’ malferme la tazzina fumante.
— Avrei voluto, ma non ho osato, — egli confessò a mezza voce, ed avvolse la fanciulla in un lungo sguardo implorante.
— Ritorni ogni giorno, la prego, — intervenne la baronessa con un gesto di cordialità signorilmente ospitale. — Questa casa è ancora e sempre la sua casa. Se ne ricordi.
Da allora Giacomo ritornò quasi ogni pomeriggio all’Abbazia e divenne a poco a poco l’amico devoto e fiducioso della madre, il corteggiatore discreto e fervido della figliuola. Spesso egli si faceva precedere da un magnifico fascio di fiori rari, i quali crescevano senza sforzo in quella terra arrisa da una perenne primavera; qualche volta sedeva al pianoforte con Elda e mentre ella suonava per compiacerlo, inquieta e distratta, egli s’abbandonava all’onda della musica con l’intenso rapimento di un innamorato che vi esali l’eccesso della sua anima traboc-
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