Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/242

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amalia guglielminetti

vendo per parecchi mesi all’estero. Tornato da poco, sdegnoso e noncurante di rifarsi una casa abitava solo col suo piccolo cane all’albergo, e vi coltivava a sbalzi una sua intermittente inclinazione musicale e un suo continuato tedio commisto di malinconia e di serenità.

Ora tra questo tedio si animava qualche cosa di blandamente dolce e pure inquietante come un pensiero fisso e l’immagine della fanciulla bruna che viveva nella sua casa e coglieva violette nel giardino memore della sua adolescenza, gli insisteva nella fantasia con una deliziosa varietà d’atteggiamenti e d’espressioni.

Quando vi ritornò. dopo una settimana di fervido fantasticare, la trovò momentaneamente sola e la stretta ch’essi si diedero con entrambe le mani fu così viva d’appassionato slancio che tutti e due si ritrassero subito con una leggera confusione, come per una confessione involontaria ma irrefrenabile.

Dopo quell’attimo di istintiva sincerità non si manifestarono a parole il loro sentimento, ma esso appariva con tale palese adorazione negli occhi sagaci di Jacopo, con tale ingenua franchezza nel sorriso trepido di Elda, che la madre esperta non tardò a cogliere nei loro cuori ancora taciturni lo scatto della divina favilla e fu sottilmente abile nel secondarne il dolce divampare.

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