Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/256

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amalia guglielminetti

automobile prima d’andare incontro ad Attilio che giunge questa sera? — domandò Jacopo alquanto contrariato.

— Andateci voi, miei cari. Io rimango e v’aspetto.

Allorchè il velo bianco di Elda e il berretto a scacchi di Jacopo accompagnati dal sibilo della sirena sparvero oltre i cancelli dell’Abbazia, la baronessa Almichi si diresse a lento passo verso la scogliera. Trascinava sulle ghiaie azzurre del sentiero la sua lunga veste nera e riparava dal sole con un ombrellino bianco la sua faccia d’un pallore di vecchia cera, la sua testa scoperta e avvampante di lucide chiome fulve.

La stradina era deserta e sulla spiaggia scogliosa, presso la piccola capanna di legno, l’attendeva Clelia per spogliarla e indossarle il costume. Ma ella non volle lasciarsi toccare.

— Vattene pure. Farò da me, — e la congedò con un gesto. Ma quando già l’altra s’allontanava la richiamò, sedette su uno scoglio basso, coi piedi quasi lambiti dall’acqua e disse dopo una pausa con la voce un po’ rôca:

— Dirai che mi sentivo male e che... — si interruppe, scosse il capo, contrasse il volto in uno spasimo e dopo una pausa esitante soggiunse:

— Non dirai nulla, invece. Nulla, ricordati, Dammi la tua mano, Clelia.

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