Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/38

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amalia guglielminetti

medaglia sospesa nell’alto, e a raccogliere in una successione ordinata i suoi pensieri sconvolti.

— Mezzanotte — disse a se medesimo; e si ripetè le parole della lettera che il giorno innanzi a quell’ora lo aveva costretto a sussultare di felicità: «Eccovi la chiave medioevale della vecchia casa. Domani sera a mezzanotte mi precederete nella sala delle armi». Ahimè! Egli comprendeva ora l’irreparabile stoltezza del suo gesto iracondo: la chiave medioevale giaceva fra gli scogli, in fondo al mare, la porta della gioia rimaneva chiusa.

Udì qualcuno ingiungergli rispettosamente d’andarsene, afferrò il bastone e il cappello che gli porsero e uscì nella gran luce delle lampade ad arco, ma quando fu ai piedi della gradinata si fermò un’altra volta a meditare.

Cercava in fondo alla sua esercitata scaltrezza d’uomo di mondo il mezzo di riparare all’atto inconsulto, cercava verosimili scuse, cercava le preghiere, le blandizie, le menzogne sagaci che sono il linguaggio consueto degli innamorati. Ma la mente gli si smarriva in quel labirinto sottile ed egli rifletteva invece sul carattere sdegnoso e superbo di Maria Farnese e su quella sua repentina promessa d’appartenergli, mandata certo in un momento di follìa che non si sarebbe ripetuto.

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