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Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/46

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amalia guglielminetti


Uscì di casa col passo leggero di chi si sente ai piedi e all’anima le ali e si diresse verso un viale deserto, senza nemmeno avvedersi che piovigginava, raccogliendosi sempre più nel suo fervido meditare e nel suo voluttuoso immaginare.

Senonchè, mentre si fermava ad accendere una sigaretta, si sentì raggiungere da un celere passo che si fermò presso di lui e al tempo stesso la cameriera di sua moglie, una giovane dai capelli fulvi che si trovava da pochi mesi in casa sua, con gli occhi rossi di chi ha pianto e la faccia dura di chi medita una vendetta, gli rivolse la parola in tono basso e concitato:

— Mi scusi, signor conte, se la fermo così per istrada, ma devo parlarle di una cosa gravissima.

«Costei è impazzita o vuole un aumento di salario, — pensò subito Altoviti, e rispose seccato:

— Mi parlerai più tardi a casa e ti concederò tutto ciò che vorrai. Questo non è il momento nè il luogo di discutere.

E si mosse per andarsene, ma l’altra ostinata proseguì:

— Non si tratta del mio salario e a casa non ci posso più tornare perchè sono stata licenziata.

«Tanto meglio, — pensò Altoviti, e disse forte:

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