Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/76

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amalia guglielminetti

avvolta in una vestaglia di finissime trine antiche, alta ed agile, florida e bruna come una dea della giovinezza e della salute e il suo vecchio cuore si rallegrava di quella vista, già immaginando il piccolo essere deliziosamente bello, sano e forte che quella magnifica creatura gli avrebbe un giorno donato.

Ma passarono altri tre mesi; ne passarono sei, un anno intero trascorse senza che la speranza sempre viva dello zio accennasse a farsi realtà.

Ormai il conte Anselmo evitava nei suoi discorsi con lo zio questo argomento, ben sapendo come il vecchio soffrisse e s’irritasse da quella attesa ormai troppo prolungata. Se ne indispettiva rabbiosamente egli stesso accorgendosi che la splendida larghezza, la signorile generosità dimostratagli dal vecchio subito dopo il suo docile matrimonio incominciava a diminuire a suo riguardo come se egli lo ritenesse colpevole di una frode o di un inganno e se ne vendicasse e lo punisse nel modo più crudele.

Anche Doretta, istruita delle aspirazioni dello zio, si sentiva ora a disagio dinanzi a lui e dinanzi al marito e mutava a grado a grado la sua giovanile gaiezza e la sua bella salute in una continua tristezza che incominciava a divenire morbosa.

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