Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/97

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dèdalo, padre d’ìcaro


Il nome dell’aviatore e quello della sua passeggera erano accompagnati da aggettivi qualificativi tolti ad imprestito alla zoologia da cortile e così sfacciatamente insultanti che l’anima dabbene del vecchio avvocato, consapevole della gravità del reato d’oltraggio, ne rabbrividì.

— Questa furia incosciente è capace di precipitarsi qui — egli rifletteva riponendo la lettera nella busta. — Ma darò gli ordini necessari perchè non la ricevano e le assicurino che io sono assente da molti giorni per affari. Ah, no. Basta, perdio! Ch’io mi ammali per le angoscie che quel pazzo mi fa provare, sia pure; ma ch’io debba anche espormi agli insulti delle sue amanti inferocite di gelosia, mi pare un eccesso di dabbenaggine e di stupidità.

Stava per suonare e impartire le disposizioni occorrenti a evitare quell’eccesso, quando la cameriera entrò:

— C’è abbasso questa signorina che vuol parlare con lei.

E porse un biglietto di visita sul quale egli lesse: Lulù Bellaria, artista di Varietà.

— Corri immediatamente a dirle ch’io sono partito da una settimana per Milano e che non sai quando tornerò.

— Le ho già detto che il signor avvocato era in casa.

— Sei una cretina!

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