Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/96

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amalia guglielminetti


— Non so perchè mio figlio dopo avermi telegrafato che partiva, aspettò quattro giorni prima di telegrafarmi ch’era arrivato e ho passato così quattro giorni e tre notti d’inferno. Tanto che ho finito per ammalarmi, come vedete — concluse egli rivolto agli amici, allargando le braccia in un gesto di desolazione.

In quel momento la cameriera gli portò un telegramma ch’egli aprì ansiosamente, credendolo di Aldo. Ma era firmato con un nome di donna: Lulù Bellaria, artista di varietà, e chiedeva urgentemente il recapito di Parigi dell’aviatore Aldo Viani pregando d’indirizzarlo a Roma, presso il Trianon.

Il notaio buttò sprezzantemente il foglio e non rispose. Questa seconda sgualdrinella che s’occupava del suo Aldo e voleva entrare od era già entrata chi sa come nella sua vita, gli era odiosa almeno quanto l’altra che svolazzava con lui, nè mai avrebbe ottenuto la minima informazione o il più piccolo aiuto che potessero tornarle utili.

Pochi giorni dopo gli arrivò un espresso nel quale Lulù Bellaria lo accusava d’essere un villano, soggiungendo che avrebbe facilmente trovato il modo di farlo parlare e di sapere da lui dove si nascondeva suo figlio assieme a quella ballerina con cui volava e con cui si faceva fotografare nelle più ridicole pose.

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