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Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/114

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106 le ore inutili

e quasi gemente la sua accusa. Quando tacque il medico s’alzò, disse risoluto:

— Scriverò stasera stessa. Se le regole del convento lo permettono, ella rivedrà certo suo nipote.

— Nessuna grazia si rifiuta a un morente — mormorò l’inferma con un mesto sorriso, e porse la mano al dottore con uno sguardo di gratitudine.

Scese la notte sull’antica villa e vi stese il suo velo d’ombra e di silenzio. L’ammalata volle che la finestra affacciata sul giardino rimanesse aperta, per poter contemplare dal suo letto un lembo di cielo tutto fiorito di stelle e mandare lassù all’invisibile Dio raggiante negli astri muti le sue orazioni di rammarico e di speranza.

Sembrava pure pregare con un lungo trillo d’umiltà serena il coro ampio dei grilli nascosti nel buio della campagna dormente, e pareva alla vecchia anima afflitta che i piccoli coristi implorassero, col loro canto monotono, pace per il lontano e pietà per lei.

A un tratto il cane di guardia, vagante per il giardino, incominciò a mugolare sordamente.