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recchi milioni accumulati in mezzo secolo di losche speculazioni e d’esosa avarizia.

— Fa schifo. Dev’essere un ebreo usuraio.

— Usuraio certo, ma ebreo no. Appartiene anzi a una cospicua famiglia e si fregia d’un titolo nobiliare.

— Davvero? Me ne rallegro tanto.

— Si chiama il marchese Licandri. Suo padre fu ambasciatore, sua madre era una principessa polacca.

— Non si può affermare che il discendente abbia aggiunto lustro alla gloria degli avi. Ma chi ti ha così ampiamente informata sul passato e sul presente di quell’individuo?

Parlando egli le cinse la vita col braccio e la costrinse a rientrare nella saletta da pranzo dove, sulla tavola ancora apparecchiata e lucente di cristalli e di metalli, la cameriera serviva il caffè.

La giovane coppia, sposata da un anno e mezzo e tuttora immersa in tenerezze blande di nuzialità, abitava da una settimana in quel grande casamento moderno a molti piani e a molti strati umani sovrapposti, dove si rifugiava a vivere la sua ristretta esistenza borghese un piccolo mondo ancora ad essi sconosciuto.

— Chi m’ha informata? — ripetè Nora Del-