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mare, godendo nei pochi anni che ancora gli restavano tutte le obliose dolcezze che quel cumulo gelido di carte racchiuse in un mobile tarlato inutilmente gli offriva.

Ed ella si domandava con uno scatto di sdegno quale insensato, quale incosciente, quale bruto fosse dunque costui. Ella si chiedeva che cosa fossero state la giovinezza e la maturità di quest’uomo per ridurlo nella vecchiaia a quella volontaria miseria, a quella rinunzia cercata di tutti i beni considerati necessari o invidiabili nel mondo che lo circondava. Che era dunque mai quest’uomo? Un filosofo, un pazzo, un disilluso?

Di nuovo ella si scosse e sogghignò di se medesima e del suo vaneggiare. Entrava il sole dall’alta finestra aperta sul cielo chiaro, alcune rondini guizzavano per l’azzurro con strida giulive di bimbe inseguite, un orologio non lontano suonò in cadenza squillante tre colpi. Nora rammentò che doveva uscire poco più tardi e incominciò lentamente a vestirsi. Vi pose una cura minuziosa, quasi amorosa come sempre quando s’occupava della propria persona. Infilò le lunghe calze di seta, aerea trama nera sul biancore opaco della carne, e le scarpette lucenti su cui il largo nodo si posava, come una farfalla bruna sopra un fiore notturno.