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libro secondo 155


cevano poi con tanto vigore e con tanto nervo, che resarcivano presto tutto quello che per le divisione loro avevano perduto. Se avessino guerreggiato con le arme mercennarie ed in consequenzia avuto a valersi come fanno le cittá disarmate, della sollecitudine, della diligenzia, del vegghiare minutamente le cose, della industria e delle girandole, non dubitate che vivendo drento come facevano, pochi anni la arebbono rovinata. Ed anche cosí fu in grandissimi pericoli, ma la salute sua fu che e’ patrizi si andorono sempre ritirando, ed ancora che lo facessino con difficultá e combattessino quanto potevano, cedevano pure alla fine, perché essendo in numero molto minore, non potevano venire alle mani; che se fussino stati piú del pari, non arebbono voluto communicare el governo. E nonostante questo furono qualche volta in dubio di pigliare le arme e di amazzare e’ tribuni; ma la prudenzia de’ vecchi sempre ritenne e’ giovani, non perché io creda che avessino quello rispetto che scrive Livio, che e’ tribuni erano sacrosanti e che gli avevano accettati per legge, ma perché considerorono che ogni principio di sangue civile era totalmente la rovina di tutti.

Alla fine fu necessario per non rovinare la cittá cedere alla plebe e communicare el governo, ma doppo molte sedizione e pericoli; e perché non si fece al tempo suo, restorono col magistrato de’ tribuni, el quale io giudico che fussi di piú danno che di utile, perché la autoritá che avevano di potere tutti e ciascuno di loro portare le legge al populo era perniziosa, atteso che el popolo non ha tanta capacitá che basti, ed è la rovina delle cittá che le deliberazione importanti siano portate a lui, se prima non sono digestite in luogo piú maturo. El medesimo dico della facultá delle conzione: che vorrei ni tutto escluderne el popolo, se non da quelle che si fanno da’ magistrati o per ordine loro, per persuadere una cosa giá deliberata in senato. Discorrete Livio e gli altri: quante volte le conzione de’ tribuni e le legge portate da loro al popolo turborono la cittá; e negli ultimi tempi de’ Gracchi, della grandezza di Mario, della tirannide di Silla e della troppa