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qualche volta delli stati; ma lo escludere chi merita, quando nondimeno el governo resti in mano di chi è atto, è piú presto danno di chi è escluso che della republica; ed ognuno sa che e’ rispetti publichi si hanno a preporre a’ privati.

Capponi. Pare pure che anche sia danno del publico, perché la parte esclusa resterá mal contenta, e sempre macchinerá novitá.

Bernardo. Né anche restano bene contenti e’ valentuomini, quando veggono che quello che si converrebbe a loro è dato a uno che non lo merita, e però si volgono alle sedizioni ed alterazione dello stato; e questo si può fare molto piú facilmente in uno governo di popolo che in uno simile a quello de’ Medici, e piú è da fuggire el tenere mal contenti coloro che vagliono, che gli altri.

Guicciardini. Ma che direte voi circa le gravezze?

Bernardo. Dirò la prima cosa, che non mi alleghiate lo esemplo de’ tempi primi di Cosimo, né in questo né in male alcuno che si facessi allora, perché el parlare nostro nacque dal dire che io non credevo che questa mutazione fussi utile, in che avevo rispetto a questi ultimi anni di Lorenzo e poi di Piero, e non a’ principi di Cosimo, che furono come sono tutti gli altri stati quando si fundano, che sono pieni di rigore e di mali esempli; perché chi fonda uno stato stretto, bisogna che lo assicuri e lo stabilisca e sbarbi gli ostacoli con piú violenzia e con manco onestá che non è necessario usare nel conservargli, poi che sono indiritti e stabiliti. Ed in questo merita forse qualche escusazione Cosimo che a assicurarsi degli inimici e sospetti usò le gravezze, in luogo de’ pugnali che communemente suole usare chi ha simili reggimenti nelle mani. Quanto alle gravezze adunche de’ tempi sequenti, ripiglierò quel fondamento che mi converrá replicare oggi piú volte, cioè che gli errori che fa lo stato stretto per malizia o per necessitá, e’ medesimi fará spesso per ignoranzia el vivere populare; ed ogni volta che gli errori siano del pari, tanto nuoce quello che si fa per una di queste cause, quanto quello che si fa per l’altra, anzi è da avere piú paura della igno-