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250 oratio defensoria

piú cosa alcuna, che venire occasione che la innocenzia mia fussi cognosciuta da ognuno sí chiaramente, che nessuno ne potessi piú dubitare, acciò che finalmente io apparissi al presente nel conspetto della cittá quello che sempre sono stato e per el passato sono apparito. Arebbelo a ogni modo fatto el tempo per se medesimo, perché come dice el proverbio, gli è padre della veritá, la quale è impossibile che a lungo andare non venga in luce; ma con queste contradizione e dispute si chiarirá per modo che resterá sanza dubio piú purgata e piú splendiente. Però se lo accusatore mio si è mosso a questa accusazione per zelo, come lui ha detto, della republica, non posso, sendo ancora io cittadino, volergli male di questa sua buona mente; se l’ha indotto la ambizione, come e molti credevano prima, ed ora che l’hanno udito lo credono molto piú, sono sforzato avere obligazione alla imprudenzia sua, poi che non ha cognosciuto che da quelle arme con che credeva offendermi ed opprimermi, io resterò difeso e sullevato, benché di lui e del fine suo io parlerò in altra parte.

Ora poi che tutto el fondamento della innocenzia mia consiste in Dio e ne’ giudici, io priego prima con tutto el cuore la Divina Maestá, che quale è l’animo mio e quali sono state le mie azione, tale sia el fine di questo giudicio. Se io sono infetto di quelli peccati che io sono imputato, non recuso di essere punito come meritamente si debbe, ed essere esemplo a ognuno della severitá vostra, giudici; ma se io sono innocente, che mi dia facultá di esprimere bene le ragione mie ed illumini in modo la mente de’ giudici, che la autoritá che questo popolo ha data loro per gastigare e’ cattivi, non sia a distruzione de’ buoni.

Di poi dimando a voi giudici non misericordia, non compassione, non memoria di quella benivolenzia che ho avuto con molti di voi, ma una sola cosa, ed a giudicio di ognuno molto ragionevole e molto onesta: che voi non portiate qua le sentenzie fatte in casa, ma le facciate nascere e le formiate in su questo tribunale; caviatele non dalle opinione e romori del vulgo, non dalle calunnie de’ maligni, ma dalle conietture,