Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti autobiografici e rari, 1936 – BEIC 1843787.djvu/269

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oratio defensoria 263

quello che era proprio de’ giudici, cioè essere assoluto, l’ho giá avuto, l’ho conseguito abastanza) sempre dico, quando si propone uno delitto di uno, la prima cosa che si apresenta all’animo degli auditori, innanzi si sentino pruove o testimoni, è el pensare se quello che si dice è verisimile o no; se è verisimile, si comincia a aprire una via che fa facilmente parere maggiore e piú vere le chiarezze che si allegano; e pel contrario se non è verisimile, bisogna bene che e’ testimoni siano degni di fede, bisogna bene che pruovino concludentemente, che le scritture siano chiare, perché è cosa molto naturale che malvolentieri si può credere che una cosa sia, se non è verisimile o ragionevole che la sia. Però ne’ giudíci criminali si dura fatica assai circa le conietture, e quando sono gagliarde, le sono di tanto peso, che bene spesso si dá loro piú fede che a’ testimoni, perché e’ testimoni possono facilmente essere appassionati o corrotti, ma la natura delle cose è sincera ed uniforme e non può essere variata; e se e’ verisimili hanno tanta forza dove sono testimoni che pruovano, quanta ne debbono avere nel caso nostro che non è provato nulla? E tra tutte le conietture una delle piú potente fu sempre ed è la vita passata dello imputato, e’ portamenti suoi, la sua consuetudine del vivere, perché in dubio si crede che ognuno sia di quella medesima natura, di quella medesima qualitá che è stato per el passato.

Cognosco, giudici, quanta difficultá abbia questo ragionamento, perché come naturalmente gli uomini pare che piglino uno certo piacere quando sentono dire male di altri, cosí pare che offenda gli orecchi quando sentono che uno dice bene di se medesimo; nondimeno poi che lo accusatore m’ha voluto fare ladro, la necessitá mi sforza a dire tutte quelle cose che mostrano che io non sia ladro; delle quali se alcuna è che vi dia fastidio, non dovete attribuirlo a me che sono necessitato a dirle, ma volerne male a chi per malignitá è stato causa di mettermi in questa necessitá. Di poi non è laude dell’uomo avere quelle cose delle quali se ne mancassi gli sarebbe vizio; lo essere netto non è tanto laudabile perché el non essere netto