Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/160

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154 discorsi politici

presente, tu lasci piú tosto per differire venire lentamente addosso el male maggiore.

A te, Beatissimo Padre, la fortuna dette uno principio di pontificato molto turbulento, ed ha fatto poi o la voluntá di Dio o la disposizione de’ fati che le cose tue sono ridotte in grandissime difficultá; perché da uno canto ti è pericolosissimo lasciare crescere la grandezza dello imperadore, da altro canto ti è pericolosissimo tentare di opponertegli: sei adunche in termine che è pericolo a stare, pericolo a fare. Però volendo in tanto frangente governarti con la prudenzia e virilitá, le quali bisognano alla Santitá Tua tanto maggiore, quanto e’ pericoli che si propongono sono maggiori, è necessario esaminare maturamente se la Santitá Tua ha causa di temere dello imperadore, e che hai da temere; e di poi di che qualitá siano e’ pericoli ne’ quali si entrerrebbe volendo provedere, cioè quanto siano pericolosi e che mettino in pericolo. E discorso sottilmente tutti questi punti, calculare quello che sia piú pericoloso o lo stare o el provedere, e se è maggiore posta o quella che si mette in pericolo stando, o quella che si mette in pericolo provedendo; e misurato con queste regole quale pericolo sia piú da stimare ed in consequenzia che sia meglio, o opporsi a questa grandezza o no, non si ritirare da quella deliberazione che parrá manco pericolosa, per timiditá né per poco animo.

Che Tua Santitá abbia da temere, ci sono le ragione pronte; perché s’ha a credere che Cesare desideri accrescere la potenzia sua, come fanno gli altri príncipi e ciascuno nel grado suo, e che in tanta occasione aspiri al dominio di Italia, a che ha la via facilissima; nella quale provincia tenendo la Chiesa apostolica tanto stato quanto tiene, ed a te essendo aggiunto lo stato di Firenze, è troppa parte questa da essere disprezzata da uno che aspiri al tutto; ed in termini pari aresti da temere da ogni principe che avessi tanta opportunitá, ma molto piú dallo imperadore, el quale non solo in Roma, e nelle altre terre che tiene la Chiesa, ed in Firenze, pretende titolo e ragione, ma sa ancora che lo im-