Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/47

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libro primo - capitolo xl 41


tissima del desiderio della libertá, e la quale, per essere el popolo militare, era troppo difficile a violentare; e però durò quella tirannide mentre che con qualche colore, cioè dell’avere a finire le legge, potettono allegare che el magistrato loro durassi; ma come questo inganno fu scoperto, el primo accidente benché piccolo distrusse la loro tirannide, la quale non credo fussi stata piú stabile, se bene si fussino vòlti a battere col favore della plebe la nobilitá, perché quello populo era troppo amicissimo del nome della libertá. E si vede lo esemplo di Manlio Capitolino, el quale ancora che procedessi contro al senato e con arte meramente populare, pure fu oppresso dal popolo medesimo, subito che fu fatto capace che lui cercava occupare la libertá.

E quanto alla dottrina generale, quale sia meglio a chi vuole occupare la tirannide, o procedere col favore del popolo o farsi amica la nobilitá, gli esempli si truovano diversi; perché e Silla occupò la tirannide a Roma e la stabilí con le spalle della nobilitá, ed a Firenze el duca d’Atene fu fatto tiranno col favore de’ nobili, e’ quali per la sua imprudenzia e levitá non si seppe mantenere, il che fu causa di farnelo cadere presto. Cosí nell’una parte e nell’altra si truovano molti esempli, ed anche ciascuna parte ha le sue ragione; perché chi ha el popolo dal suo, ha piú numero di seguaci, e piú facilmente comporta el popolo una grandezza che non comportano e’ nobili; e nondimeno chi ha seco la nobilitá ha uno fondamento piú nervoso, piú efficace e piú gagliardo, e che non varia di animo sí facilmente e spesso per cagione leggiere come fa el popolo. Sono partiti che non si possono pigliare con una regola ferma, ma la conclusione s’ha a cavare dagli umori di quella cittá, dallo essere delle cose che si varia secondo la condizione de’ tempi, ed altre occorrenzie che girano.