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42 discorsi del machiavelli

CAPITOLO XLVII

[Gli uomini, come che s’ingannino ne’ generali, nei particulari non s’ingannono.]

Quello che dice el Discorso, che piú facilmente gli uomini si ingannano ne’ generali che ne’ particulari, si può dire in uno altro modo, che la esperienzia sganna molte volte gli uomini di quello che s’hanno immaginato innanzi mettino mano nella piaga; perché non è maraviglia che chi non sapeva e’ particulari delle cose, muti sentenzia quando poi gli ha saputi e veduti in viso; ed a questo tende lo esemplo de’ fiorentini, e’ quali non avendo nelle piazze quella notizia, né vedendo quegli avisi che poi vedevano in palazzo, erano facilmente di opinione diversa dalla veritá. Si può anche nello esemplo de’ romani considerare, che al popolo pareva cosa indegna e vituperosa che generalmente tutti fussino incapaci degli onori, e che parendogli avere acquistato assai a conseguire di potere essere abili al magistrato di potestá consulare, restassino in parte sfogati e si astenessino da eleggere e’ non idonei, come quelli che non avessino combattuto per la ambizione particulare di ascendere a quello grado, ma solo per levarsi quella infamia che la plebe tutta fussi proibita dalle legge di participare degli onori; e però bene dice Livio: contenta eo quod sui ratio habita esset.

L’altra conclusione del Discorso, che manco si inganni el popolo nella distribuzione degli onori e de’ magistrati che nell’altre cose, credo sia vera, e la ragione è in pronto, perché è materia che piú facilmente si cognosce; ed in questo caso el giudicio del popolo è fondato non in sulla notizia che abbia per sé stesso del valore di uno cittadino, ma in su quella opinione universale che nasce dalla lunghezza del tempo e dalla esperienzia che n’hanno avuto questo e quello particulare. Non accetto giá che in questo el popolo non si inganni, o