Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/137

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libro secondo — cap. ii 131

per discorso umano né per scienza di scritture ma semplicemente per divina revelazione. E aveva accennato ancora qualche cosa della mutazione dello stato di Firenze; e in questo tempo, detestando publicamente la forma deliberata nel parlamento, affermava la volontá di Dio essere che e’ s’ordinasse uno governo assolutamente popolare, e in modo che non avesse a essere in potestá di pochi cittadini alterare né la sicurtá né la libertá degli altri: talmente che, congiunta la riverenza di tanto nome al desiderio di molti, non potettono quegli che sentivano altrimenti resistere a tanta inclinazione. E però, essendosi ventilata questa materia in molte consulte, fu finalmente determinato che e’ si facesse uno consiglio di tutti i cittadini, non vi intervenendo, come in molte parti d’Italia si divulgò, la feccia della plebe ma solamente coloro che per le leggi antiche della cittá erano abili a partecipare del governo; nel qual consiglio non s’avesse a trattare o a disporre altro che eleggere tutti i magistrati per la cittá e per il dominio, e confermare i provedimenti de’ danari, e tutte le leggi ordinate prima ne’ magistrati e negli altri consigli piú stretti. E acciocché si levassino l’occasioni delle discordie civili, e si assicurassino piú gli animi di ciascuno, fu per publico decreto proibito, seguitando in questo l’esempio degli ateniesi, che de’ delitti e delle trasgressioni commesse per il passato circa le cose dello stato non si potesse riconoscere. In su’ quali fondamenti si sarebbe forse costituito un governo ben regolato e stabile se si fussino, nel tempo medesimo, introdotti tutti quegli ordini che caddono, insino allora, in considerazione degli uomini prudenti: ma non si potendo queste cose deliberare senza consenso di molti, i quali per la memoria delle cose passate erano pieni di sospetto, fu giudicato che per allora si costituisse il consiglio grande, come fondamento della nuova libertá; rimettendo, a fare quel che mancava, all’occasione de’ tempi e quando l’utilitá publica fusse, mediante la esperienza, conosciuta da quegli che non erano capaci di conoscerla mediante la ragione e il giudicio.