Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/139

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libro secondo — cap. iii 133

di Gaeta, che era bene proveduta, combattuta leggiermente, s’arrendé a discrezione. In modo che in pochissimi dí, con inestimabile facilitá, tutto il regno si ridusse in potestá di Carlo: eccetto l’isola d’Ischia, e le fortezze di Brindisi e di Galipoli in Puglia, e in Calavria la fortezza di Reggio, cittá posta in sulla punta d’Italia all’incontro di Sicilia, tenendosi la cittá per Carlo; e la Turpia e la Mantia le quali da principio rizzorono le bandiere di Francia, ma recusando di stare in dominio d’altri che del re, il quale l’aveva donate ad alcuni de’ suoi, mutato consiglio ritornorono al primo signore. E il medesimo fece poco dipoi la cittá di Brindisi, alla quale non avendo Carlo mandato gente, anzi per negligenza non solo non espediti ma appena uditi i sindici suoi mandati a Napoli per capitolare, ebbono quegli che erano per Ferdinando nelle fortezze facoltá di ritirare spontaneamente la cittá alla divozione aragonese: per il quale esempio la cittá di Otranto che aveva chiamato il nome di Francia, non v’andando alcuno a riceverla, non continuò nella medesima disposizione.

Andorono, da Alfonso Davalo marchese di Pescara in fuora, il quale, lasciato in Castelnuovo da Ferdinando, l’aveva, come si accorse della inclinazione de’ tedeschi ad arrendersi, seguitato, e due o tre altri che per avere Carlo donati gli stati loro s’erano fuggiti in Sicilia, tutti i signori e baroni del reame a fare omaggio al nuovo re. Il quale, desideroso di stabilire totalmente per via di concordia sí grande acquisto, aveva, innanzi che ottenesse Castel dell’Uovo, chiamato a sé sotto salvocondotto don Federigo, il quale per essere dimorato piú anni nella corte del padre, e per la congiunzione del parentado avuta col re, era grato a tutti i signori franzesi; al quale offerse di dare a Ferdinando, in caso rilasciasse quello che gli restava nel reame, stati ed entrate grandi in Francia, e a lui dare ricompenso abbondante di tutto quello vi possedeva. Ma essendo nota a don Federigo la deliberazione del nipote, di non accettare partito alcuno se non restandogli la Calavria, rispose con gravi parole: che poi che Dio la fortuna e la volontá di tutti gli uomini erano concorse a dargli il reame