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se medesimo nelle cose di Pisa i fondamenti contrari alla propria intenzione, e al fine per il quale era autore che si deliberasse nel consiglio de’ collegati l’andata di Cesare a Pisa.


IX

Massimiliano Cesare chiede a’ fiorentini che sia a lui rimessa la questione con Pisa. I veneziani mandano nuove genti a Pisa. Risposta de’ fiorentini a Massimiliano Cesare. Colloquio de’ legati fiorentini col duca di Milano.

La quale poi che fu deliberata, Cesare mandò due imbasciadori a Firenze, a significare che alla impresa, quale aveva in animo di fare potentemente contro agl’infedeli, aveva giudicato necessario passare in Italia per pacificarla e assicurarla; e per questa cagione ricercava i fiorentini che si dichiarassino insieme con gli altri confederati alla difensione d’Italia, e quando pure avessino l’animo diverso da questo, che manifestassino la loro intenzione. Volere, per la cagione medesima e per quello che si apparteneva alla autoritá imperiale, conoscere le differenze tra loro e i pisani; e però desiderare che insino a tanto fussino udite da lui le ragioni di tutti si sospendessino l’offese, come era certo che farebbono i pisani, a’ quali aveva comandato il medesimo; affermando con umane parole essere parato ad amministrare giustizia indifferentemente. Alla quale esposizione, commendato con parole onorevoli il proposito di Cesare e dimostrato d’avere fede grandissima nella sua bontá, fu risposto che per imbasciadori, quali subito gli manderebbono, farebbono intendere particolarmente la mente loro.

Ma in questo tempo i viniziani, per non lasciare a Cesare o al duca di Milano facoltá di occupare Pisa, vi mandorono di nuovo, con consentimento de’ pisani, Annibale Bentivoglio loro condottiere con cento cinquanta uomini d’arme, e poco poi nuovi stradiotti e mille fanti; significando al duca avervegli mandati perché la loro republica, amatrice delle cittá