Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/71

Da Wikisource.

libro primo — cap. ix 65

e il consiglio. Ma come spesso accade che, quando si viene a dare principio all’esecuzione delle cose nuove, grandi e difficili, benché giá deliberate, si rappresentano pure all’intelletto degli uomini le ragioni le quali si possono considerare in contrario; essendo il re in procinto di partirsi, anzi camminando giá verso i monti le genti d’arme, sorse uno grave mormorío per tutta la corte, mettendo in considerazione chi le difficoltá ordinarie di tanta impresa, chi il pericolo della infedeltá degli italiani, e sopra tutti gli altri di Lodovico Sforza, ricordando l’avviso venuto da Firenze delle sue fraudi (e per avventura tardavano ad arrivare certi danari che s’aspettavano da lui): in modo che non solo contradicevano audacemente (come interviene quando pare che ’l consiglio si confermi dall’evento delle cose) quegli che avevano sempre dannata questa impresa; ma alcuni di coloro che ne erano stati principali confortatori, e tra gli altri il vescovo di San Malò, cominciorno non mediocremente a vacillare: e ultimatamente, pervenuto agli orecchi del re questo romore, fece movimento tale in tutta la corte e nella mente sua medesima, e tale inclinazione di non procedere piú oltre, che subito comandò che le genti si fermassino; e perciò molti signori i quali giá erano in cammino publicandosi essere deliberato che piú non si passasse in Italia, se ne ritornorono alla corte. E andava (come si crede) innanzi facilmente questa mutazione, se ’l cardinale di San Piero a Vincola, fatale instrumento, e allora e prima e poi, de’ mali d’Italia, non avesse con l’autoritá e veemenza sua riscaldato gli spiriti quasi addiacciati, e ridirizzato l’animo del re alla deliberazione di prima; riducendogli non solo in memoria le ragioni le quali a sí gloriosa espedizione eccitato l’aveano, ma proponendogli innanzi agli occhi con gravissimi stimoli la infamia la quale per tutto il mondo dalla leggiera mutazione di cosí onorato consiglio gli perverrebbe. E per che cagione avere adunque, con la restituzione delle terre del contado d’Artois, indebolito da quella parte le frontiere del regno suo? per che cagione, con tanto dispiacere non meno della nobiltá che de’ popoli, avere aperto al re di Spagna, dandogli