Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/73

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libro primo — cap. ix 67

perduta sí presto la sua magnanimitá? dove quella ferocia con la quale, quattro dí prima, si vantava di vincere tutta Italia unita insieme? Considerasse non essere piú in potestá propria i consigli suoi; troppo oltre essere andate le cose, per l’alienazione delle terre, per gl’imbasciadori uditi mandati e scacciati, per tante spese fatte, per tanti apparati, per la publicazione fatta per tutto, per essere giá condotta la sua persona quasi in sull’Alpe. Strignerlo la necessitá, quando bene la impresa fusse pericolosissima, a seguitarla; poi che tra la gloria e l’infamia, tra il vituperio e i trionfi, tra l’essere o il piú stimato re o il piú dispregiato di tutto il mondo, non gli restava piú mezzo alcuno. Che dunque dovere fare a una vittoria, a uno trionfo giá preparato e manifesto?

Queste cose, dette in sostanza dal cardinale ma, secondo la sua natura, piú con sensi efficaci e con gesti impetuosi e accesi che con ornato di parole, commossono tanto l’animo del re che, non uditi piú se non quegli che lo confortavano alla guerra, partí il medesimo dí da Vienna, accompagnato da tutti i signori e capitani del reame di Francia, eccetto il duca di Borbone, al quale commesse in luogo suo l’amministrazione di tutto il regno, e l’ammiraglio e pochi altri deputati al governo e alla guardia delle provincie piú importanti; e passando in Italia per la montagna di Monginevra, molto piú agevole a passare che quella del Monsanese, e per la quale passò anticamente ma con incredibile difficoltá Annibale cartaginese, entrò in Asti il dí nono di settembre dell’anno mille quattrocento novantaquattro, conducendo seco in Italia i semi di innumerabili calamitá, di orribilissimi accidenti, e variazione di quasi tutte le cose: perché dalla passata sua non solo ebbono principio mutazioni di stati, sovversioni di regni, desolazioni di paesi, eccidi di cittá, crudelissime uccisioni, ma eziandio nuovi abiti, nuovi costumi, nuovi e sanguinosi modi di guerreggiare, infermitá insino a quel dí non conosciute; e si disordinorono di maniera gli instrumenti della quiete e concordia italiana che, non si essendo mai poi potuta riordinare, hanno avuto facoltá altre nazioni straniere e eserciti barbari