Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/117

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libro sesto ‐ cap. vi 111

ricercavano aiuto da Giulio giá assunto al pontificato: al quale era molestissima questa audacia, ma essendo nuovo in quella sedia e senza forze e senza danari, né sperando aiuto né dal re di Francia né di Spagna, occupati in maggiori pensieri, e perché recusava di congiugnersi con alcuno di loro, non poteva provedervi se non con l’autoritá del nome pontificale. La quale per fare esperienza quanto valesse appresso al senato viniziano, insieme col rispetto della amicizia tenuta lungo tempo da lui con quella republica, mandò il vescovo di Tivoli a Vinegia a lamentarsi che, essendo Faenza cittá della Chiesa, non si astenessino di fare questo disonore a uno pontefice il quale, innanzi che ascendesse a quel grado, era stato sempre congiuntissimo con la loro republica, e dal quale, salito ora a maggiore fortuna, potevano sperare frutti abbondantissimi della antica benivolenza.

È credibile che nel senato non mancassino di quegli medesimi che avevano giá dissuaso lo implicarsi nelle cose di Pisa, il ricevere in pegno i porti del reame di Napoli e il dividere col re di Francia il ducato di Milano, i quali considerassino quel che potesse partorire il diventare ogni dí molto piú esosi e sospetti a molti, e aggiugnere all’altre inimicizie quella de’ pontefici; ma essendo stati i consigli ambiziosi favoriti da successi tanto felici, e però spiegate tutte le vele al vento sí prospero della fortuna, non erano udite le parole di quegli che consigliavano il contrario. Però, fu con grande unione risposto allo imbasciadore del pontefice avere sempre quel senato sommamente desiderato che il cardinale di San Piero in Vincola ascendesse al pontificato, per l’amicizia lunghissima confermata con offici e benefici innumerabili dati e ricevuti da ciascuna delle parti, né essere da dubitare che colui che avevano tanto osservato quando era cardinale non osservassino ora molto piú quando era pontefice; ma non conoscere giá in quello che offendessino la sua degnitá abbracciando l’occasione, la quale se gli era offerta, di avere Faenza, perché quella cittá non solamente non era posseduta dalla Chiesa ma la Chiesa medesima si era sponta-