Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/119

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libro sesto ‐ cap. vi 113

che avevano congiurato di mettere dentro i viniziani, dettono loro la cittá; i quali si convennono di dare ad Astore certa sovvenzione, benché piccola, per la sua vita. Avuta Faenza, i viniziani arebbono occupato facilmente Imola e Furlí, ma per non irritare piú il pontefice, che maravigliosamente si risentiva, mandate le genti alle stanze deliberorono per allora non procedere piú oltre: avendo occupato in Romagna, oltre a Faenza e Arimini co’ suoi contadi, Montefiore, Santarcangelo, Verrucchio, Gattea, Savignano, Meldola, Porto Cesenatico, Russi e, del territorio d’Imola, Tosignano, Solaruolo e Montebattaglia. Tenevansi per il Valentino in Romagna solamente le rocche di Furlí di Cesena di Furlimpopolo e di Bertinoro, le quali egli, con tutto che molto desiderasse di andare in Romagna, arebbe, perché non fussino occupate da’ viniziani, consentito di darle in custodia al pontefice, con obligazione di riaverle da lui quando fussino assicurate; ma il pontefice, non essendo ancora superata dalla forza della dominazione l’antica sua sinceritá, aveva recusato, dicendo non volere spontaneamente accettare l’occasioni che lo invitassino a mancargli della fede. Finalmente, per opporsi in qualche modo a’ progressi de’ viniziani, molestissimi per il pericolo dello stato ecclesiastico al pontefice, desideroso oltre a questo che il Valentino si partisse da Roma, fu convenuto con lui (interponendosi in questa convenzione oltre al nome del pontefice il nome del collegio de’ cardinali) che ’l Valentino per mare se n’andasse alla Spezie e di quivi, per terra, a Ferrara e dipoi a Imola, ove si conducessino cento uomini d’arme e cento cinquanta cavalli leggieri che ancora seguitavano le sue bandiere. Con la quale resoluzione essendo andato a Ostia per imbarcarsi, il pontefice, pentitosi di non avere accettato le fortezze e giá disposto, in qualunque modo potesse averle, a ritenerle per sé, mandò a lui i cardinali di Volterra e di Surrento, a persuadergli che per ovviare che quelle terre non andassino in mano de’ viniziani fusse contento deporle in lui, sotto la medesima promessa che si era trattata in Roma: ma recusando il Valentino di farlo, il pontefice sdegnato lo fece