Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/223

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libro settimo ‐ cap. x 217

benché il baglí di Digiuno e gli altri mandati dal re di Francia, con grande instanza si opponessino, nelle diete di quella nazione, riducendo in memoria la confederazione continuata tanti anni co’ re di Francia e confermata poco innanzi con questo medesimo re, l’utilitá che ne era pervenuta negli uomini loro, e da altra parte l’inimicizia inveterata con la casa di Austria e la grave guerra avuta con Massimiliano, e quanto fusse perniciosa a loro la grandezza dello imperio, nondimeno mostravano non piccola inclinazione di sodisfare alle dimande di Cesare, o almeno di non pigliare l’armi contro a lui; avendo, secondo si credeva, rispetto a non offendere il nome comune della Germania, il quale pareva pure annesso a questo movimento. Onde molti dubitavano che il re di Francia, in caso fusse abbandonato da’ svizzeri o non si unissino seco i viniziani, non avendo fanteria potente a resistere a’ fanti degli inimici, e sperando che il furore tedesco, entrato in Italia come uno torrente, s’avesse per mancamento di danari prestamente a risolvere, farebbe ritirare le genti sue alla guardia delle terre. E giá si vedeva che con grandissima celeritá si fortificavano i borghi di Milano e gli altri luoghi piú importanti di quello ducato.


X

Timori de’ veneziani. Discussione intorno alla politica da seguire. Deliberazioni prese e risposta agli ambasciatori di Massimiliano.

Nelle quali agitazioni e apparati non era minore perplessitá nelle menti del senato viniziano che negli altri, e per essere di grandissimo momento la loro deliberazione, grandissime erano le diligenze e l’opere che si facevano da ciascuno per congiugnergli a sé. Perché Cesare v’aveva insino da principio mandato tre oratori, uomini di grande autoritá, a fare instanza che gli concedessino il passo per il territorio loro; anzi, non contento a questa dimanda, gl’invitava a fare seco