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278 storia d'italia

fortezza sua fermare l’impeto dei vincitori. Però attoniti per tanti mali, e temendo estremamente che non si facesse piú innanzi il re di Francia, disperate le cose loro e astretti piú da timiditá che da consiglio, ritiratesi le genti loro a Mestri, le quali senza obedienza e ordine alcuno erano ridotte a numero molto piccolo, deliberorono, per non avere piú tanti inimici, con disperazione forse troppo presta, di cedere allo imperio di terra ferma: né meno, per levare al re di Francia l’occasione di approssimarsi a Vinegia; perché non stavano senza sospetto che in quella cittá si facesse qualche tumulto, concitato da’ popolari o dalla moltitudine innumerabile che vi abita di forestieri, questi tirati da desiderio di rubare, quegli da non volere tollerare che, essendo cittadini nati per lunga successione in una medesima cittá, anzi molti del medesimo sangue e delle medesime famiglie, fussino esclusi dagli onori, e in tutte le cose quasi soggetti a’ gentiluomini. Della quale abiezione d’animo fu anche nel senato allegata questa ragione, che se volontariamente cedevano allo imperio per fuggire i presenti pericoli, che con piú facilitá, ritornando mai la prospera fortuna, lo ricupererebbeno; perché i popoli, licenziati spontaneamente da loro, non sarebbeno cosí renitenti a tornare sotto l’antico dominio come sarebbeno se se ne fussino partiti con aperta rebellione. Dalle quali ragioni mossi, dimenticata la generositá viniziana, e lo splendore di tanto gloriosa republica, contenti di ritenersi solamente l’acque salse, commesseno agli ufficiali che erano in Padova in Verona e nelle altre terre destinate a Massimiliano, che lasciatele in arbitrio de’ popoli se ne partissino. E oltre a questo, per ottenere da lui con qualunque condizione la pace, gli mandorono con somma celeritá imbasciadore Antonio Giustiniano; il quale, ammesso in publica udienza al cospetto di Cesare, parlò miserabilmente e con grandissima sommissione: ma invano, perché Cesare recusava di fare senza il re di Francia convenzione alcuna. Non mi pare alieno dal nostro proposito, acciò che meglio si intenda in quanta costernazione d’animo fusse ridotta quella republica, la quale giá piú di dugento anni non