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libro ottavo ‐ cap. vi 277

bito che se gli accostò l’esercito. Cosí, piú con la riputazione della vittoria del re di Francia che con le armi proprie, acquistò presto il pontefice le terre tanto desiderate della Romagna; nella quale non tenevano piú i viniziani altro che la fortezza di Ravenna.

Contro a’ quali si scoprivano, dopo la rotta dello esercito loro, ogni dí nuovi inimici. Perché il duca di Ferrara, il quale insino a quel dí non si era voluto dimostrare, cacciò subito di Ferrara il bisdomino, magistrato che per antiche convenzioni, per rendere ragione a’ sudditi loro, vi tenevano i viniziani, e prese l’armi recuperò senza ostacolo alcuno il Polesine di Rovigo, e sfondò con l’artiglierie l’armata de’ viniziani che era nel fiume dello Adice; e al marchese di Mantova si arrenderono Asola e Lunato, occupate giá da’ viniziani, nelle guerre contro a Filippo Maria Visconte, a Giovanfrancesco da Gonzaga suo proavo. In Istria Cristoforo Frangiapane occupò Pisinio e Divinio, e il duca di Brunsvich, entrato per comandamento di Cesare nel Friuli con duemila uomini comandati, prese Feltro e Bellona. Alla venuta del quale e alla fama della vittoria de’ franzesi, Triesti, e l’altre terre, dallo acquisto delle quali era proceduta a’ viniziani l’origine di tanti mali, tornorno allo imperio di Cesare. Occuporono eziandio i conti di Lodrone alcune castella vicine; e il vescovo di Trento, con simile movimento, Riva di Trento e Agresto.


VI

Padova, Verona ed altre terre lasciate in arbitrio de’ popoli. Ambasciata e orazione di Antonio Giustiniano a Massimiliano. I veneziani mandano in Puglia per la consegna dei porti al re d’Aragona e in Romagna per la consegna al pontefice di quanto ancora essi possiedono.

Ma niuna cosa aveva dopo la rotta di Vaila spaventato tanto i viniziani quanto la espugnazione della rocca di Peschiera, intorno alla quale si erano persuasi doversi per la