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libro quinto ‐ cap. vi 27

donia e Taranto. Ma avuta Manfredonia e la fortezza per assedio, si ridusse col campo intorno a Taranto, dove era maggiore difficoltá; ma l’ottenne finalmente per accordo, perché il conte di Potenza, sotto la cui custodia era stato dato dal padre il piccolo duca di Calavria, e fra Lionardo napoletano cavaliere di Rodi governatore di Taranto, non vedendo speranza di potere piú difendersi, convennono di dargli la cittá e la rocca se in tempo di quattro mesi non fussino soccorsi: ricevuto da lui giuramento solennemente in su la ostia consegrata di lasciare libero il duca di Calavria, il quale aveva segreto ordine dal padre di andarsene, quando piú non si potesse resistere alla fortuna, a ritrovarlo in Francia. Ma né il timore di Dio né il rispetto della estimazione degli uomini potette piú che lo interesse dello stato: perché Consalvo, giudicando che in molti tempi potrebbe importare assai il non essere in potestá de’ re di Spagna la sua persona, sprezzato il giuramento, non gli dette facoltá di partirsi, ma come prima potette lo mandò bene accompagnato in Ispagna; dove dal re raccolto benignamente fu tenuto appresso a lui, nelle dimostrazioni estrinseche, con onori quasi regi.


VI

Il Valentino prende Piombino. Matrimonio di Lucrezia Borgia con Alfonso d’Este. Il re di Francia tratta la pace con Massimiliano. Trattative del re di Francia coi governi della Toscana. Trattative fra Massimiliano e il cardinale di Roano a Trento. Morte del doge Agostino Barbarigo. Rinnovata la confederazione col re di Francia i fiorentini riprendono la guerra contro Pisa.

Procedevano in questi tempi medesimi le cose del pontefice con la consueta prosperitá: perché aveva acquistato con grandissima facilitá tutto lo stato che i Colonnesi e i Savelli tenevano in terra di Roma, del quale donò una parte agli Orsini; e il Valentino, continuando la impresa sua contro a Piombino, vi mandò Vitellozzo e Giovampagolo Baglioni con nuove genti, per la venuta de’ quali spaventato Jacopo da