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libro quinto ‐ cap. viii | 35 |
non trovandosi tra loro forma di concordia, convennono aspettare la determinazione de’ loro re, e che in questo mezzo non si innovasse cosa alcuna. Ma il viceré franzese, insuperbito perché era molto superiore di forze, avendo pochi dí poi fatta altra deliberazione, protestò la guerra a Consalvo in caso non rilasciasse subito il Capitanato, e dipoi immediate fece correre le genti sue alla Tripalda; dalla quale incursione, che fu fatta il decimonono dí del mese di giugno, ebbe principio la guerra: la quale continuamente proseguendo, cominciò senza rispetto a occupare per forza, nel Capitanato e altrove, le terre che si tenevano per gli spagnuoli. Le quali cose non solamente non furono emendate dal suo re ma, avendo giá notizia che il re di Spagna era determinato a non gli cedere il Capitanato, voltato con tutto l’animo alla guerra, gli mandò in soccorso per mare dumila svizzeri, e fece condurre agli stipendi suoi i príncipi di Salerno e di Bisignano e alcuni altri de’ principali baroni. Venne oltre a questo il re a Lione, per potere di luogo piú propinquo fare le provisioni necessarie all’acquisto di tutto il reame, al quale, non contento de’ luoghi della differenza, giá manifestamente aspirava, e con intenzione di passare, se bisognasse, in Italia.
VIII
Ma a questo fare piú prestamente lo costrinseno nuovi tumulti che sopravennono in Toscana, concitati da Vitellozzo, con saputa di Giampaolo Baglione e degli Orsini e con consiglio e autoritá principalmente di Pandolfo Petrucci, desiderosi tutti che Piero de’ Medici ritornasse nello stato di Firenze. Ebbe la cosa origine in questo modo: che essendo pervenuto a notizia di Guglielmo de’ Pazzi, commissario fiorentino in Arezzo, che alcuni cittadini aretini si erano convenuti con Vitellozzo