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164 storia d'italia

ordinato a combattere, con neve e venti asprissimi, entrò per la porta di San Felice in Bologna; avendo seco [mille trecento] lancie, seimila fanti tedeschi i quali tutti aveva collocati nell’antiguardia, e [otto] mila tra franzesi e italiani. Entrato Fois in Bologna, trattò di assaltare la mattina seguente il campo degli inimici, uscendo fuora i soldati per tre porte e il popolo per la via del monte; i quali arebbe trovati senza pensiero alcuno della venuta sua, della quale è manifesto che i capitani non ebbono, né quel dí né per la maggiore parte del dí prossimo, notizia: ma Ivo di Allegri consigliò che per uno dí ancora riposasse la gente, stracca per la difficoltá del cammino; non pensando, né egli né alcuno altro, potere essere che senza saputa loro fusse entrato, di dí e per la strada romana, uno esercito sí grande in una cittá alla quale erano accampati. La quale ignoranza continuava medesimamente insino all’altro dí se per sorte non fusse stato preso uno stradiotto greco, uscito insieme con altri cavalli a scaramucciare; il quale, dimandato quel che si facesse in Bologna, rispose che da sé ne riceverebbono piccolo lume, perché vi era venuto il dí dinanzi con l’esercito franzese: sopra le quali parole interrogato con maraviglia grande diligentemente da’ capitani, e trovatolo costante nelle risposte, prestandogli fede, deliberorno levare il campo; giudicando che, per essere vessati i soldati dalla asprezza della stagione e per la vicinitá della cittá nella quale era entrato uno tale esercito, fusse pericoloso il soprastarvi. Però la notte seguente, che fu il decimonono dí dal dí che si erano accampati, fatte ritirare tacitamente l’artiglierie, l’esercito a grande ora si mosse verso Imola, camminando per le spianate per le quali era venuto, che mettevano in mezzo la strada maestra e l’artiglierie: e avendo posto nel retroguardo il fiore dell’esercito si discostorno sicuramente, perché non uscirno di Bologna altri che alcuni cavalli de’ franzesi; i quali, avendo saccheggiata parte delle munizioni delle vettovaglie, e perciò essendosi cominciati a disordinare, furono, né senza danno, rimessi dentro da Malatesta Baglione, il quale andava nell’ultima parte dell’esercito.