Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/179

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libro decimo - cap. xi 173

dovi varie querele. Perché dimandava di essere assicurato che gli fusse ricuperato quello che gli apparteneva per i capitoli di Cambrai, affermando non potersi piú fidare delle semplici promesse, per avere, e da principio e poi sempre, conosciuto essere molesto al re che egli acquistasse Padova; e che per consumarlo e tenerlo in continui travagli aveva speso volentieri ogni anno dugentomila ducati, sapendo che a lui premeva piú lo spenderne cinquantamila: avere recusato l’anno passato concedergli la persona del Triulzio, perché era capitano, e per volontá e per scienza militare, da terminare presto la guerra: dimandava che la figliuola seconda del re, minore di due anni, si sposasse al nipote, assegnandogli in dote la Borgogna, e che la figlia gli fusse consegnata di presente; e che nella determinazione sua rimettessino le cause di Ferrara di Bologna e del concilio; contradicendo che l’esercito franzese andasse verso Roma, e protestando non essere per comportare che il re accrescesse in parte alcuna in Italia lo stato suo. Le quali condizioni gravissime, e quasi intollerabili per se stesse, faceva molto piú gravi il conoscere non potere stare sicuro che, concedutegli tante cose, non variasse poi, o secondo l’occasioni o secondo la sua consuetudine. Anzi, la iniquitá delle condizioni proposte faceva quasi manifesto argomento che, giá deliberato di alienarsi dal re di Francia, cercasse occasione di metterlo a effetto con qualche colore, massime che non solo nelle parole ma eziandio nelle opere si scorgevano molti segni di cattivo animo; perché né col Burgus erano venuti i procuratori tante volte promessi per andare al concilio pisano, anzi la congregazione de’ prelati fatta in Augusta avea finalmente risposto, con publico decreto, il concilio pisano essere scismatico e detestabile: benché con questa moderazione essere apparecchiati a mutare sentenza se in contrario fussino dimostrate piú efficaci ragioni. E nondimeno il re, nel tempo che piú gli sarebbe bisognato unire le forze sue, era necessitato tenere a requisizione di Cesare [dugento] lancie e tremila fanti in Verona e mille alla custodia di Lignago.