Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/223

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libro undecimo - cap. ii 217

Perciò, oltre all’esaltare publicamente il valore della nazione elvezia insino alle stelle e magnificare l’opere fatte per la salute della sedia apostolica, aveva per onorargli donate loro le bandiere della Chiesa e intitolatogli, con nome molto glorioso, ausiliatori e difensori della libertá ecclesiastica. Aggiugnevasi agli altri dispareri che, avendo il viceré rimesse in ordine le genti spagnuole che dopo la rotta si erano insieme con lui ritirate tutte nel reame, e movendosi per passare con esse in Lombardia, negavano il pontefice e i viniziani di riassumere il pagamento de’ quarantamila ducati il mese intermesso dopo la rotta, allegando che per l’avere l’esercito franzese passato di lá da’ monti non erano piú sottoposti a quella obligazione, la quale terminava, secondo i capitoli della confederazione, ogni volta che i franzesi fussino cacciati di Italia; e a questo si replicava, in nome del re d’Aragona, non si potere dire cacciato il re di Italia mentre che erano in potestá sua Brescia, Crema e tante fortezze. Querelavasi oltre a questo insieme con Cesare che il pontefice, a sé proprio i premi della vittoria comune attribuendo e quel che ad altri manifestamente apparteneva usurpando, avesse, con ragioni o finte o consumate dalla vecchiezza, occupate Parma e Piacenza, cittá possedute lunghissimo tempo da quegli che aveano dominato a Milano come feudatari dello imperio. Appariva similmente diversitá d’animi nelle cose del duca di Ferrara, ardendo il pontefice della medesima cupiditá, e da altra parte desiderando il re d’Aragona di salvarlo, sdegnato ancora che (come si credeva) fusse stato tentato di ritenerlo in Roma contro alla fede data; onde il pontefice soprasedeva dal molestare Ferrara, aspettando per avventura che prima si componessino le cose maggiori: nella determinazione delle quali volendo [Cesare] intervenire, mandava in Italia il vescovo Gurgense, destinato a venirvi insino quando dopo la giornata di Ravenna si trattava la pace tra ’l pontefice e il re di Francia, perché temeva non si facesse tra loro senza avere in considerazione gli interessi suoi; ma succeduta poi la mutazione delle cose continuò nella deliberazione di mandarlo.