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256 storia d'italia

paterna: voleva costituire in Genova nuovo doge Ottaviano Fregoso, rimosso Ianus di quella degnitá; consentendo a questo gli altri Fregosi perché, per il grado il quale v’avevano tenuto i suoi maggiori, pareva che piú a lui si appartenesse: pensava assiduamente come potesse o rimuovere di Italia o opprimere con l’aiuto de’ svizzeri, i quali soli magnificava e abbracciava, l’esercito spagnuolo, acciò che, occupato il regno napoletano, Italia rimanesse (queste parole uscivano frequentemente della bocca sua) libera da’ barbari; e a questo fine aveva impedito che i svizzeri non si confederassino col re cattolico. E nondimeno, come se in potestá sua fusse percuotere in un tempo medesimo tutto il mondo, continuando nel solito ardore contro al re di Francia, con tutto che avesse udito uno messo della reina, concitava il re di Inghilterra alla guerra; al quale aveva ordinato che, per decreto del concilio lateranense, si trasferisse il nome del re cristianissimo; sopra la qual cosa era giá scritta una bolla, contenendosi in essa medesimamente la privazione dalla degnitá e dal titolo di re di Francia, concedendo quel regno a qualunque lo occupasse. In questi tali e tanti pensieri, e forse ancora in altri piú occulti e maggiori (perché nello animo tanto feroce non era incredibile concetto alcuno quantunque vasto e smisurato), l’oppresse, dopo infermitá di molti giorni, la morte. Dalla quale sentendosi prevenire, fatto chiamare il concistorio, al quale per la infermitá non poteva intervenire personalmente, fece confermare la bolla publicata prima da lui contro a chi ascendesse al pontificato per simonia, e dichiarare la elezione del successore appartenere al collegio de’ cardinali e non al concilio, e che i cardinali scismatici non vi potessino intervenire: a’ quali disse che perdonava l’ingiurie fatte a sé, e che pregava Dio che perdonasse loro le ingiurie fatte alla sua Chiesa. Supplicò poi al collegio de’ cardinali che, per fare cosa grata a sé, concedessino la cittá di Pesero in vicariato al duca di Urbino; ricordando che per opera principalmente di quel duca era stata, alla morte di Giovanni Sforza, ricuperata alla Chiesa. In niuna altra cosa dimostrò affetti privati o propri; anzi, supplicando instantemente ma-