Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/269

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libro undecimo - cap. ix 263


Da altra parte il re di Francia, fatta che ebbe la tregua, deliberò di mandare l’esercito in Italia, dandogli speranza alla vittoria le ragioni dette di sopra; alle quali s’aggiugneva il sapere che i popoli dello stato di Milano, vessati da tante taglie e rapine de’ svizzeri e dagli alloggiamenti e pagamenti fatti agli spagnuoli, desideravano ardentemente di ritornare sotto il dominio suo, avendo, per l’acerbitá degli altri, conosciuto essere, in comparazione loro, desiderabile lo imperio de’ franzesi. Anzi molti gentiluomini particolari di quel ducato, per messi propri, indiritti chi al re chi al Triulzio (il quale il re, acciocché di luogo piú propinquo trattasse co’ milanesi, avea mandato a Lione), confortavano a non differire a mandare l’esercito; promettendo, subito che avesse passato i monti, di pigliare scopertamente l’armi per lui. Né mancavano gli stimoli assidui del Triulzio e degli altri fuorusciti che, secondo il costume di chi è fuori della patria, proponevano la impresa dovere essere molto facile, massimamente congiugnendosi seco i viniziani. E lo costrigneva ad accelerare il confidare di prevenire, colla fine di questa, il principio della guerra del re di Inghilterra: la quale non poteva cominciare se non dopo il corso di qualche mese, perché quel regno, essendo giá molti anni stato in pace, era sproveduto d’armadure, d’artiglierie e quasi di tutte le cose necessarie alla guerra, non aveva cavalli da combattere perché gli inghilesi non conoscono altra milizia che la pedestre, e quella non essendo esperimentata, era necessitato, perché voleva passare in Francia potentissimo, soldare numero grande di fanti tedeschi: cose che senza lunghezza di tempo non si potevano spedire. Costrigneva similmente il re, ad accelerare, il timore che le fortezze non si perdessino per mancamento di vettovaglie; e specialmente la Lanterna di Genova, la quale pochi dí innanzi non gli era succeduto di rinfrescare per una nave mandata a questo effetto: la quale da Arbinga, insino dove era stata accompagnata da tre navi e da uno galeone, entrata nell’alto mare col vento prospero, per la forza del quale passata per mezzo de’ legni genovesi si era accostata al castello, surta in sull’ancore e dato il cavo alla