Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/31

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libro nono - cap. v 25

sempre dovesse essere in potestá sua il fare concordia seco, eziandio poiché gli avesse mosso contro l’armi. Per le quali cose diventando ogni dí piú insolente, e moltiplicando scopertamente nelle querele e nelle minaccie contro al re di Francia e contro al duca di Ferrara, recusò il dí della festivitá di san Piero, nel quale dí secondo l’antica usanza si offeriscono i censi dovuti alla sedia apostolica, accettare il censo dal duca di Ferrara; allegando che la concessione di Alessandro sesto, che nel matrimonio della figliuola l’aveva da quattromila ducati ridotto a cento, non era valida in pregiudicio di quella sedia: e nel dí medesimo, avendo prima negato licenza di ritornarsene in Francia al cardinale di Aus e agli altri cardinali franzesi, inteso che quello di Aus era uscito con reti e con cani in campagna, avendo sospetto vano che occultamente non si partisse, mandato precipitosamente a pigliarlo, lo ritenne prigione in Castel Santo Agnolo. Cosí, giá scoprendosi in manifesta contenzione col re di Francia, e però costretto tanto piú a fare fondamenti maggiori, concedette al re cattolico la investitura del regno di Napoli, col censo medesimo col quale l’avevano ottenuta i re di Aragona; avendo prima negato di concederla se non col censo di quarantottomila ducati, col quale l’avevano ottenuta i re franzesi: seguitando il pontefice in questa concessione non tanto l’obligazione la quale, secondo il consueto dell’antiche investiture, gli fece quel re di tenere ciascuno anno per difesa dello stato della Chiesa, qualunque volta ne fusse ricercato, trecento uomini d’arme, quanto il farselo benevolo: e la speranza che questi aiuti potessino, in qualche occasione, essere cagione di condurlo a inimicizia aperta col re di Francia. Della quale erano giá sparsi i semi, perché il re cattolico, insospettito della grandezza del re di Francia, e ingelosito della sua ambizione, poiché non contento a’ termini della lega di Cambrai cercava di tirare sotto il dominio suo la cittá di Verona, mosso ancora dalla antica emulazione, desiderava non mediocremente che qualche impedimento s’opponesse alle cose sue; e perciò non cessava di confortare la concordia tra Cesare e