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libro duodecimo - cap. viii 331

gieri e tremila cinquecento fanti spagnuoli a campo a Cittadella, nella quale terra erano trecento cavalli leggieri. Dove essendo arrivati a due ore di dí, avendo cavalcato espediti tutta la notte, batteronla subito con l’artiglieria; e il dí medesimo la preseno, con tutti quegli cavalli, per forza, al secondo assalto, e si ritornorono al primo alloggiamento propinquo a tre miglia a Vicenza: non si movendo l’Alviano, il quale, avendo avuto dal senato comandamento di non combattere, si era, con settecento uomini d’arme mille cavalli leggieri e settemila fanti, fermato in alloggiamento forte in sul fiume della Brenta, dal quale co’ cavalli leggieri travagliava continuamente gli inimici. Nondimeno poi, per maggiore sicurtá dello esercito, si ritirò a Barziglione quasi in sulle porte di Padova. Ma essendo tutto il paese consumato dalle scorrerie e dalle prede che si facevano dall’uno e dall’altro esercito, gli spagnuoli, mancando loro le vettovaglie, si ritirorono a’ primi alloggiamenti da’ quali si erano partiti, abbandonata la cittá di Vicenza e la rocca di Brendala distante da Vicenza sette miglia; né si nutrivano con altri sussidi o pagamenti che con le taglie mettevano a Verona, Brescia, Bergamo e gli altri luoghi circostanti. Ritirati gli spagnuoli, l’Alviano si pose con l’esercito tra la Battaglia e Padova in alloggiamento fortissimo: donde inteso essere in Esti poca e negligente guardia, vi mandò di notte quattrocento cavalli e mille fanti; dove entrati innanzi fussino sentiti e presi ottanta cavalli leggieri del capitano Corvera, il quale si salvò nella rocca, si ritirorono allo esercito. Ma avendo i viniziani mandate nuove genti all’esercito, l’Alviano, accostatosi a Montagnana, presentò la battaglia al viceré; il quale, perché era molto inferiore di forze recusando di combattere, si ritirò nel Polesine di Rovigo: donde l’Alviano, non avendo piú ostacolo alcuno di lá dallo Adice, correva ogni dí insino in sulle porte di Verona; il che fu cagione che il viceré, mosso dal pericolo di quella cittá, lasciati nel Pulesine trecento uomini d’arme e mille fanti, vi entrò con tutto il resto dello esercito.

Molte maggiori difficoltá erano in Crema, quasi assediata